“Mio figlio è stato ucciso la seconda volta ed insieme a lui è morta la giustizia italiana, mentre gli assassini festeggiano!“. Sono le prime, addolorate parole di Isabella De Ninno, la mamma di Francesco Maria Pennacchi ucciso barbaramente quasi due anni fa, sul pianerottolo del suo ufficio, da un fornaio di origini albanesi, al quale giovedì scorso in appello è stata dimezzata la pena. Da trenta anni, l’uomo ha ottenuto il riconoscimento delle attenuanti generiche e una reclusione di 16 anni e 8 mesi. Non si danno pace i familiari, gli amici, chi ha avuto il piacere di conoscere Francesco, 32 anni, commercialista, una vita davanti. Spezzata da una lama di quasi 30 centimetri e da una furia cieca, nella notte tra il 26 e il 27 novembre.
“A cosa serve mettere al mondo un figlio, crescerlo per 32 anni, educarlo e responsabilizzarlo come cittadino esemplare, quando la Legge, le Istituzioni e lo Stato, malgrado i miei appelli al Presidente della Repubblica, non ci tutelano? – commenta Isabella – Francesco Maria Pennacchi poteva essere il figlio di tutti! Giovedì (in udienza, ndr) sono stata umiliata, presa in giro, calpestata, offesa, con l’assassino in aula, che respirava la mia stessa aria, quell’aria che mio figlio non respirerà più, sola, vittima, sofferente. La detenzione dovrebbe servire alla rieducazione e 16 anni ed 8 mesi non ritengo siano la pena corretta alla riabilitazione per un assassino che sceglie di spegnere una vita meravigliosa senza nessun motivo, rispetto al mio ergastolo di dolore, rispetto ad una futura moglie che non avrà più una famiglia, rispetto ad un fratello, rimasto figlio unico. Questo è l’ennesimo caso in cui la Giustizia italiana segna una grande ingiustizia, ma io mi faccio coraggio e non smetto di lottare, alzando la voce!“