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Nuove cassette lavabili consegnate ai pescatori dal progetto europeo SeaPaCs

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Alle 15 della giornata di oggi, 28 dicembre, presso il Molo Innocenziano di Anzio, i collaboratori del progetto europeo “SeaPaCs“, ideato per sensibilizzare e informare i cittadini e gli esperti sul pericolo della plastica in mare, ha consegnato ben 120 cassette lavabili e riutilizzabili ai capitani dei primi 12 pescherecci della Cooperativa “Concordia” e “Fanciulla d’Anzio” di Roma e della città, con lo scopo di sostituire gradualmente le cassette di polistirolo utilizzate per la vendita della mazzama al porto, dato che sono altamente dannose per la flora e la fauna marina.

Il progetto SeaPaCS, che è stato coordinato da Chiara Certomà (Università di Torino), Federico Fornaro (Lega Navale Italiana Anzio) e Luisa Galgani (GEOMAR Kiel, Germania, e Università degli Studi di Siena), ha avuto come obiettivo quello di aumentare la consapevolezza sulle conseguenze dell’inquinamento marino da plastica e di innescare cambiamenti orientati alla sostenibilità nella città costiera di Anzio. Durante il suo svolgimento SeaPaCS ha coinvolto diversi gruppi di cittadini: dai pescatori ai subacquei, dagli studenti ai ricercatori e insegnanti, fino a raggiungere anche alcuni professionisti della comunicazione con l’obiettivo di pianificare e co-creare conoscenza sull’ecosistema marino, attraverso attività collaborative di analisi scientifica e documentazione visiva degli ecosistemi naturali emergenti sui detriti marini di plastica.

Il progetto si è concluso lo scorso 25 novembre, nella sede della Lega Navale Italiana di Anzio. In questa occasione sono stati presentati i risultati delle interviste e delle consultazioni con i pescatori della pesca a strascico e della “piccola pesca”, quali testimoni fondamentali del problema dell’inquinamento da plastica e sull’eventuale recupero e smaltimento della plastica in mare. Durante le interviste, infatti, i pescatori hanno segnalato che, mentre la presenza della plastica in mare è aumentata negli ultimi decenni (come è maggiormente evidente nelle acque costiere), nei fondali dove si pratica la pesca a strascico la quantità, invece, è minore. Molti degli oggetti rinvenuti in acqua sembrerebbero derivare dalle stesse attività di pesca (reti fantasma, tubi di polpi, cavi…) o potrebbero raggiungere il mare tramite fiumi e corsi d’acqua interni. Durante le attività di ricerca di campo è stata rilevata anche la presenza di macroplastiche in mare nelle acque costiere fino alle 10 miglia, nell’area che si estende dal porto di Anzio fino ad arrivare a quello di Nettuno. Gli intervistati hanno riferito inoltre che, sebbene durante il periodo estivo la plastica e i rifiuti di origine antropica tendono ad accumularsi sul fondo e quindi vanno a costituire un 15-20% circa del pescato ad ogni traino, durante il periodo invernale e con mare mosso, questi possono arrivare a costituire anche il 50% del pescato, arrivando a riportare a terra circa un sacco nero grande per i rifiuti al giorno.