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ReteNoBavaglio: “revocare la cittadinanza onoraria a Mussolini ad Anzio e Nettuno”

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Dopo la polemica seguita alla frase “Mai più antifascismo” apparsa sui manifesti di un convegno in ricordo di Sergio Ramelli del Fronte della Gioventù assassinato nel 1975 da estremisti di sinistra, ReteNoBavaglio torna a chiedere la revoca della cittadinanza onoraria a Benito Mussolini sia ad Anzio che a Nettuno.
“La Rete NoBavaglio – si legge in una nota – esprime profonda preoccupazione e indignazione per l’evento svoltosi il 3 maggio a Nettuno, dove, sotto il pretesto di commemorare Sergio Ramelli, è stato diffuso lo slogan “Mai più antifascismi”. Un messaggio che rappresenta un attacco frontale ai valori fondanti della Costituzione italiana e un oltraggio alla memoria storica di due città — Nettuno e Anzio — decorate con la medaglia d’argento al valore civile per il loro sacrificio durante la Seconda guerra mondiale.
A Nettuno continua ReteNoBavaglio -, i muri del centro storico portano ancora i segni delle fucilazioni naziste. Durante l’occupazione tedesca, cittadini innocenti furono rastrellati, deportati, uccisi. La memoria della Resistenza e delle sofferenze delle popolazioni locali non può essere infangata da chi oggi tenta di riscrivere la storia, negando il valore dell’antifascismo, che non è una fase politica, ma la radice stessa della nostra Repubblica.
Alla luce di quanto accaduto, la Rete NoBavaglio rilancia una richiesta pubblica e formale — già avanzata da anni dall’ANPI di Anzio-Nettuno e rimasta inascoltata:
la revoca della cittadinanza onoraria a Benito Mussolini, conferita nel 1924 e ancora oggi formalmente in vigore ad Anzio e Nettuno. È tempo che queste città, simboli della Resistenza, – conclude la nota – compiano un atto di coerenza storica e morale, seguendo l’esempio di decine di altri Comuni italiani che hanno già provveduto a revocare tale onorificenza indegna.
L’antifascismo non è un’opinione politica: è il presupposto giuridico, etico e civile della nostra convivenza democratica. Difenderlo oggi, – conclude la nota – davanti a rigurgiti revisionisti e tentativi di intimidazione, non è solo un dovere storico: è un’urgenza civile”.